Tuesday 22 November 2011

Scientific studies demonstrate the physical changes of meditation



* Follow the link below by taking the red pill. There's no turning back...

(solo in inglese, mi dispiace) English only, sorry, from ABC mainstream American news channel on the results of studies on the physical changes that take place through meditation. Pay attention non believers this is non-sectarian meditation. No need for religious beliefs or spiritual aspirations. In fact, sorry to disappoint the atheists, but meditation in and of itself is a highly nonsectarian. Yes, training your mind to be calmer, balanced, open and receptive is not really a spiritual pursuit. It may mean letting go of your intellectual posturing and self-importance though. That's a good thing by the way, in case you were wondering.

The vid is a partial picture, but at least it shows how the transformative effects of meditation are not only subjective, but objective and verifiable through brain scans. In fact brain imaging illuminates the neuro basis of meditation benefits.

Another note for the skeptics. In the video you will see lots of people with their eyes closed with funny looking, mystical hand postures; this was no doubt part of the media's need to present meditation with pop culture symbolism. The hand postures are like Firefox Add-ons, not necessary. And personally, eyes open is much better and more geared with aligning meditation practice with nonsectarian practice. 

Go on, learn to meditate, you know it makes sense.

Here's the link:   ABC TV Meditation programme: benefits & neuro science




Friday 18 November 2011

Buddismo, ti presento lo sciamanesimo (Pt.2) (ENGLISH version follows this post)

Buddismo, ti presento lo sciamanesimo (Pt.2) (ENGLISH version follows this post)
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Il Corpo (L'ovest)

1. Lavorare con le sensazioni
2. Sviluppare la propria presenza nel fisico e mondo materiale
3. Rilassamento profondo nel corpo
4. Affrontare la morte e il cambiamento
5. La moralità e l'etica

'Comprendere il corpo; Abbracciando il fisico. Rilassarsi in azione e movimento. Movimento cosciente. Muoversi consapevolmente. Comprendere la necessità di azione etica, a livello intuitivo, o istintuale. Si ossa di estendere oltre i confini confortevoli, con piedi nudi.'

'Personalmente, ho trovato il fisico di essere il più impegnativo dei cinque aspetti. Questo è per ragioni personali chiare e precise, che derivano dalla creazione di un modello di comportamento molto vicino a quello di autolesionismo nella mia adolescenza. In un certo senso ho agito, per molti anni, una negazione della fisica, una sorta di spinta a separarmi dai confini ei limiti del corpo fisico per entrare in un modo di vivere che era sconfinato e saturi nella promesse spirituale. Questo modo di vivere mi ha fatto spingere il mio corpo oltre i limiti ragionevoli, fino a prelevare il sangue, distruggendo l'ambiente fisico intorno con pugni: nocche sanguinosa colorati con tagli e graffi, e pezzi di legno e plastica.
Quelle nocche sanguinose erano un tentativo di far tacere i sentimenti; per attutire il disagio ed i messaggi che mi arrivavano attraverso il dolore che sentivo di essere in un corpo.'

(*Ho avuto un po' di difficoltà a decidere fra l'uso delle parole sentimenti e sensazione che rappresentano il tema centrale di questo blog post. Ho deciso di usare tutti i due, a volte uno o l'altro, a volte insieme. Le sensazione non sono l'emozione, ma la parola sensazione da sola non cattura il fatto che a volte sentiamo un sentimento dentro una sensazione che li da un gusto, un sapore. Potrei dire che il senso è le sensazione pure combinate con le sensazione insaporite con un sentimento.)

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È molto più facile per me oggettivare ed evidenziare le sfide e le insidie del vissuto emotivo, ma la fisica mi aveva perplesso su dove iniziare con il secondo post di questa serie. In cerca di un varco da cui qualche filo creativo e articolato potrebbe srotolare, ho dovuto attendere pazientemente, ed era il dolore e il disagio che veniva a stimolare il pensiero, e che mi ha ricordato quanto condizionato la mia esperienza del fisico è stato, e continua ad essere, da separazione dalle sensazioni primordiali che sono gli ignudi, incondizionato, esperienza disinibito della presenza nel fisico, proprio qui e ora.

Il corpo è sempre un richiamo, anche quando ci risvegliamo, della Prima Nobile Verità; c'è la sofferenza. Questa verità non va via mentre siamo in forma fisica. Possiamo diventare bravissimi ad evitare la malattia, infortunio e disagio, ma la sofferenza è sempre poco distante; nascosta in incidenti, raffreddori, sforzi eccessivi, e sentimenti di disagio.

La sofferenza è spesso percepita come un concetto molto pessimista da chi si avvicina al buddismo al inizio e molti autori e insegnanti si sono affrettati a precisare che una traduzione migliore di entrambi il Tibetano e Pali potrebbe essere 'disagio', o meglio ancora, 'insoddisfazione'. Io, per un po' almeno, ero d'accordo con loro con tutto il cuore, coinvolto in uno stato di negazione lungo. La sofferenza era in realtà la traduzione sbagliata ho pensato, il disagio come termine e concetto aveva sicuramente più senso nella nostra società moderna, con la sua assistenza sanitaria moderna, le diete moderne, i comfort moderni e il mito moderno del fine di tutte le sgradevolezza e la disuguaglianza. Ero proprio convinto, ma una problema si presenta quando si inizia ad aprire gli occhi, aprirli davvero ad andare oltre i concetti e l'interpretazione, si vede che la vita è davvero saturo di sofferenza e che il disagio e la soddisfazione sono in realtà solo le sue forme più sottile.

Una seconda questione è che spesso si riferiscono alla termine di sofferenza a qualcosa di troppo drammatico, come le gambe rotte, il cancro, o la perdita di un occhio, e per la maggior parte di noi questo ovviamente non cattura il nostro esperienza quotidiana. La sofferenza si mostra anche nel piccolo, minori e sottile. Si nasconde nella schiena rigida che sentiamo quando ci alziamo dal letto, il male di testa alla fine del lavoro, la pesantezza del nostro corpo quando siamo stanchi e affamati, o la fatica nelle gambe di camminare per la città. La sofferenza è chiara e presente nel corpo e nonostante le tentativi di ignorarla. Siamo tutti al corrente di sua influenza.

La prima nobile verità della sofferenza diventa una problema perché tendiamo di ignorarla, o di classificarla come qualcosa di evitare, o mandare via. Come abbiamo visto nel precedente post, dove parlavo di come sopprimiamo le emozioni e come invece dobbiamo imparare di farle fluire, come quando sopprimiamo la nostra rabbia e la depressione, sopprimiamo allo stesso tempo la nostra capacità di essere felici, di connetterci, e di vivere la gioia di esperienza e di rilascio. Lo stesso vale per il corpo. Chiudiamo gli'occhi ogni giorno alla sofferenza e così facendo, ci stacchiamo dai nostri sentimenti. Questo ci si disconnette dal nostro corpo e ciò che ci circonda, e spesso un'ossessione con la felicità si sviluppa in modo da riempire il buco che rimane.

Perché ci viene insegnato dalla società moderna che la soddisfazione e la felicità sono il nostro diritto di nascita e che la vita ci deve attutire dalla sgradevolezza del mondo, spingiamo lontano alcun segno che questo modello potrebbe essere una falsa promessa. Attutiamo il dolore di un mal di testa con un aspirina o ibuprofene. Indossiamo indumenti eccezionale per separarci dal freddo, il vento e la pioggia. Ci isoliamo dal calore con l'aria condizionata. Questi sono alcuni dei metodi che ci ha convinto che dovremmo stare tranquillo e comodo nel nostro corpo tutto il tempo, e mai sentirci male. Questa dipendenza di comfort ci guida in una ricerca di sentimenti prevedibili o ambiti che spesso vengono invocati attraverso la manipolazione emotiva (ricordate che ogni direzione nutre gli altri sulla ruota) attraverso la TV realtà, la tossicodipendenza, la dipendenza da cioccolato, il consumo di caffè in eccesso, l'attività fisica intensa, in verità i comportamenti ossessivi di qualsiasi tipo.


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Il sentire è la chiave. Qui, la cosa interessante è di meditare su come tendiamo a basare gran parte della nostra vita sulla caccia, o il aggrappare, una specifica e limitata serie di sensazione sentimenti. Avevo capito nella fase iniziale del mio percorso di crescita e ricerca di conoscenza che i sensazioni governano l'attrazione e repulsione, e questi due governano quasi tutte le nostre decisioni. Creiamo un campo limitato di sentimenti, poi ci spostiamo intorno a quel campo vivendo la nostra attrazione e repulsione come un dinamico di tiro e mola. E' raro che mettiamo in discussione il gioco, al meno che non arriva un crisi, o una sfida che non può essere ignorata, o ci troviamo costretti a cambiare.

C'è quindi un rapporto profondo e potente tra il nostro campo dei sensazioni e il desiderio di separarsi dal disagio, che è molto soggettiva e personalizzata: il piacere di un uomo è il dolore di un altro: Questa accoppiata con la nostra cecità verso il livello di sofferenza attuale, sia dentro che fuori, e il nostro sospetto di sensazioni sconosciute, porta ad una cecità volontaria della natura cruda e caotica del mondo che è quasi inevitabile. Cerchiamo ordine e prevedibilità per rafforzare la gabbia finta nel quale viviamo.

Il lavorare con i sensazioni vuol dire iniziare lentamente a conoscere noi stessi con ciò che è effettivamente in atto nel nostro corpo. Lavoriamo con le sensazioni di base che compongono la sensazione di essere incarnato. Permettiamo a qualunque sensazione che è presente di esistere così com'è. I modelli di desiderare certe sensazioni prevedibile emergono ancora e ancora, e ancora e ancora, e li lasciamo andare evitando di dargli attenzioni. Il repulsione e dopo il tentativo di allontanare le sensazioni spiacevoli fa esattamente la stessa cosa, e cioè lasciamo andare anche e durante tutto questo, resistiamo all'impulso intenso di saltare e correre via. Il nostro lavoro è sempre e soprattutto di lavorare con le sensazioni piacevole o spiacevole emergere e di essere senza identificarci con esse. Questo è noto come la consapevolezza del corpo.

La cosa interessante qui è come questo approccio ci mette di fronte la dinamica innata di fuga. Si gioca sulla dualità profonda di libertà e di intrappolamento. Noi vogliamo essere liberi, ma siamo estremamente terrificati dell'ignoto e la reale possibilità di libertà. Temiamo l'intrappolamento, ma vogliamo la vita ad essere prevedibile, e per i sensazioni di confermare ciò che noi chiamiamo la nostra normalità. Questa trappola dualistica ci mantiene confusi e ciechi alle alternative. Funziona sia a livello individuale e collettivo; il nostro campo di sensazione e sentimenti è stabilita e sostenuta dalla società in cui viviamo, o meglio le regole su ciò che dovremo o non dovremo sentire più spesso vengono definiti dalla società in cui siamo nati, e in seguito, scegliamo.

Spesso si confonde i sentimenti e le sensazione con le emozioni, ma non sono esattamente la stessa cosa. Quando si arrabbia, si dice di sentire arrabbiato. L'emozione è la rabbia, ma come si esprime nel corpo e nel nostro rapporto immediato con l'ambiente? La rabbia esplode o implode sempre, così nel esplodere potremo ipotizzare che segue in questa maniera: ho la tensione nelle mie mani, il mio respiro è diventato superficiale, sale nel petto, quasi ansimante, le mie spalle sono arcuati e sento una tensione ardente nel mio ventre. La mia mascella è stretta e sto digrignando i denti.

Osservare e respirare insieme con le sensazioni apre profondamente una porta alla comprensione e alla libertà dalla reazione automatiche e sprigiona energia intrappolata.

La tristezza è coinvolgente per molte persone, per altri, è da evitare. Ci porta a sentirci un peso al centro del cuore, un peso crescente alla gola, la fronte diventa pesante, un affondamento delle spalle accade. Spesso ci porta vicino a vecchie ferite, e ci sposta fuori dalla ricerca adolescenziale di divertimento e la caccia attiva di piaceri temporanei. La tristezza fa però parte della nostra ricca esperienza umana. Possiamo permetterci di viverla così com'è e quando facciamo la meditazione non infonderla con una storia. Quando facciamo così, spesso, ci permette di approfondire la nostra connessione con gli altri e alla grazia della condizione umana.

Unendo l'attenzione, la consapevolezza e la presenza con i sensazioni ci porta ad essere satura di sensazioni. Se siamo in grado di rimanere all'interno di questo processo, ci togliamo le maschere per un po'. Tocchiamo la terra, e il nostro centro del cuore, e diventiamo più nudo a noi stessi, per un momento ci sentiamo fragile, tenere e reale. Se continuiamo a rimanere fuori di reazione e di identificazione con cioè che sentiamo, il modello rivela una verità più profonda e quindi otteniamo un passo avanti nella conoscenza di come viviamo fin'ora. Questo è un momento magico in un certo senso, e questo abbracciare la nostra umanità, può portarci ad un senso più tangibile del grande mistero dell'essere.

Ogni persona deve essere sensibile ai propri limiti, ma il percorso qui sarebbe quello di smettere di fuggire dai sentimenti e le sensazione. Quando siamo seduti le permettiamo di emergere e rimanere per la loro durata. In termini puramente meditative, quando siamo seduti sul cuscino, semplicemente osserviamo e lasciamo che ciò che arriva sorge e cade con il respiro. Questa è la pratica essenziale. Quando sviluppiamo un maggiore capacità di restare fuori di identificazione con i sentimenti e le sensazione, cominciamo a vedere e capire che tanti di cioè esistono per rafforzare il nostro concetto di sé, e la nostra identità. Nel approfondire la pratica, la nostra identificazione con un senso fisso di sé scioglie e ci mostra come gran parte di ciò che sentiamo non è nostro, ma è condiviso, è collettivo, e ci rivela quanto vero è l'interdipendenza.

In realtà la pratica è molto impegnativo e richiede coraggio e dedizione. Non è per i timidi. In realtà, va contro le forme di spiritualità superficiale che fanno finta di dare la garanzia della felicità e che tentano di convincervi che siete in controllo del vostro mondo.

La pratica non è di negare le emozione o raffreddare le sensazione perché sentire significa essere viva. Le sensazione e le emozione ci connettono alla nostra umanità di base e la nostra capacità di sviluppare ed esprimere le espressioni più illuminata come la compassione, e l'empatia, e l'amore universale. Il controllare l'emozioni e i sentimenti è proprio il regno dello psicopatico ed è il percorso di disumanizzazione. Più ci si allontana dal intimità con i sentimenti, quanto più ci allontaniamo dalla nostra umanità di base e la nostra capacità di connetterci agli altri.

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A livello sciamanico, i nostri sentimenti sono visti come un invito al potere. Sentimenti, una volta ripuliti delle loro ruolo di auto-affermazione, iniziano ad agire come messaggeri che ci indicano la via da seguire, o ci insegnano. I sentimenti e sensazione diventano la chiave per il crescere il potere personale. Agiscono anche come un sistema di allarme. Quello che non diventano però è il condotti per le reazione emotive.

Nel sciamanesimo la morte si siede con il corpo nel ovest della ruota. Ma non da solo perché è accompagnata da la magia, il mistero, il potere e la forza. Questo fascio di qualità si combinano, si informa l'uno l'altro, sussurrando segreti che deve essere sentita e vissuta per essere conosciuti. Il mondo minerale è uno dei grandi maestri dell'ovest Le rocce, pietre e minerali ci insegnano la capacità di mantenere presenza con grande silenzio. Per essere semplicemente come siamo con poco ornamento. Essi ci insegnano di stabilità, che si ottiene attraverso la presenza nel fisico.

Lavorare con successo con le sensazioni ci porta a una maggiore presenza sia nel nostro corpo sia nel mondo materiale che ci circonda. Possiamo cominciare a percepire, mentre facciamo più strada, come i nostri pensieri hanno la pessima abitudine di portarci lontano dalla esperienza diretta. Questi pensieri filtrano esperienza attraverso una miriade di credenze e punti di vista, che agiscono per distrarci dalla semplicità del presente. Ancorare noi stessi nel nostro corpo contrasta l'astrazione impulsivo della mente pensante. La capacità di sentire profondamente il nostro corpo e il fisico, porta la nostra energia lontano dal sostenere questi cicli di pensiero e ci ancoraggi in questo momento. Una cosa divertente che succede quando facciamo questo lavoro con successo è di avere l'esperienza di fare un passo fuori di un set cinematografico, o un incantesimo ubriacante molto lungo. Ti guardi intorno e ti rendi conto che sei sveglia: niente di troppo grande o speciale, semplicemente presente senza difese nel qui e ora.

Poi si comincia a separarsi da questa semplicità, facendosi prendere dal bisogno di affermare se stesso come un essere separato, e fisso, e vero. Le esigenza della vita ci invitano di nuovo di tornare al nostro solito modo di essere. Ci sediamo di nuovo pero per continuare il processo e con impegno e il tempo, diventa più facile a permetterci di uscire con coscienza nel mondo e con maggiore frequenza. Una delle trappole comune che si verifica all'interno di questo processo è quello di attaccarsi ai momenti fugaci di presenza. Questo è come afferrare il vento: inutile ed impossibile. Perché la presenza in realtà non significa fermarsi, di mantenere la presenza è di vivere all'interno del processo dell'essere. Un'altra trappola è il desiderio di avere la semplicità infondere ogni aspetto della nostra vita. Si inizia spesso con una frase sulla falsariga di 'Se solo potessi fermare tutta questa confusione e complicazione ...' Questo diventa un meccanismo di fuga. Anche se la presenza è radicata nella semplicità, non significa che il mondo diventerà più semplice. Il mondo continua ad essere complesso, dualistica, è il luogo stimolante che è.

Prima o poi questo processo ci porta faccia a faccia con la morte. Per sostenere la capacità di rimanere nel qui ed ora significa lasciarsi morire e rinascere in ogni istante. E' un altro riflesso del dualismo profondo che segna la vita. Quanto più ci svegliamo e vivere ogni momento, tanto più dobbiamo permetterci volontariamente di morire e rinascere ogni giorno. La vita porta la morte e la morte porta la vita. Poiché non esiste un sé permanente fisso, diventa ovvio che siamo un processo.

Il rilassamento profondo ci aiuta a stabilire questo nuovo modello di relazione con le sensazione e i sentimenti, anche se spesso ci mette in contatto con vecchi dolori, e magari anche nuove dolore. La buona notizia è che ci permette anche di accedere ad un livello più profondo e più ricco di piacere, di collegamento e di sentimento. Non ci sono garanzie per ciò che accadrà. Questo fa parte delle conseguenze non intenzionali di liberare gli strati di condizionamento, e di avvicinarsi al mistero dell'essere.
L'apertura a questo processo ci porta eventualmente a sperimentare il corpo come il grande veicolo che è; e come un atto sacro di grazia che sia intensamente bello, sia incredibilmente fragile. La pratica tradizionale di apprezzare il nostro 'preziosa esistenza umana' nel buddismo non è sbagliato. Questa vita che io e te stiamo vivendo, in questo momento, è così profondamente elegante, che è difficile esprimere a parole. Una tale profondità di sentimento non può che essere realmente sperimentato direttamente, abbracciato, accettato e poi lasciata andare per rinascere in un altro momento.

Quando impariamo a sentire profondamente siamo umiliati dalla immensità della vita e la semplicità dell'essere. Quando siamo in grado di portare dentro di noi tale umiltà come un aspetto del nostro essere naturale, iniziamo a vivere la vita molto più semplice e rallentiamo; vediamo più chiaramente ciò che sta accadendo intorno a noi e nel mondo, e rispondiamo al meglio che possiamo.

Questo ci porta al punto finale, quello dell'etica e della moralità. Etica qui significa non reagire ai sentimenti, ma lasciali comunicare. I nostri istinti, il nostri intuiti, ci aiutano a rispondere alle situazioni nel miglior modo possibile quando siamo fuori di reazione, e fondati nel nostro corpo. Non è una espressione razionale, o logico, ma una risposta sentita e senza interpretazione chiamata dalla vita. La morale diventa un profondo impegno di non allontanarsi da esperienza diretta, sia dentro che fuori. Il nostro potere personale è direttamente dipendente dalla nostra presenza fisica ed è quella che ci permette di agire più o meno efficacemente

Il mantenimento di questo modo di essere non è così facile. Viene dapprima in brevi lampi di coraggio, e si tende a sfidarci enormemente quando siamo via dal cuscino di meditazione. Diventa una presenza sempre più forte con il tempo, ci ricorda di agire in maniera responsabile, di fare ciò che è necessario, a comportarsi in maniera impeccabile, e di lasciare andare il nostro incessante istinto di autoconservazione per tenere un rapporto con l'esperienza diretta. Manifestare questa azione giusta può prenderci una vita intera da imparare, soprattutto perché nel scandagliare le profondità del nostro essere e resistenza, nuovi modelli nascono per tenerci girare in tondo sulla ruota della vita. Quando ciò accade, si sede, respiri e rilassati. Assumi la postura corretta e segui il respiro invitando l'esperienza presente di portarti più profonda.

*Spero che trovi questo pezzo stimolante. Essendo una tema ricca e così complessa pesno che sia necessario scrivere di più sulla tema di potere personale, che ha poco presenza nei discorsi di buddismo, e la tema profondamente buddista della morte che è veramente il chiave per apririe la porta a quello che ho scritto sopra.



Friday 11 November 2011

Buddhism Meet Shamanism (Part.2) (ENGLISH)




Understanding the body; Embracing the physical. Relaxing into action & movement. Conscious movement. Moving consciously. Understanding the need for ethical, or right action at an intuitive, or instinctual level. Stretching beyond comfortable boundaries. Stillness. Naked feet.

‘I have personally found the physical to be the most challenging of the five aspects. This is for clear and precise, personal reasons that stem from the establishment of a pattern of behaviour that closely resembled self-harm in my teens. In a way I acted out, for many years, a denial of the physical, a sort of push to separate from the confines and limitations of the physical body and enter into a way of living that was boundless and saturated in spiritual promise. That way of living caused me to push my body beyond its reasonable limits, to draw blood, smashing up physical surroundings with punches: bloody knuckles stained with cuts and grazes, and pieces of wood and plastic.
Those bloody knuckles were an attempt to silence feeling; to deaden discomfort and the messages being screamed out through the pain I felt at being in a body.’

It is much easier for me to objectify and point out the challenges and pitfalls of the emotional experience, but the physical had me stumped on where to start with the second post in this series. In looking for an opening from which some creative, articulate thread could uncoil, I had to wait patiently, and it was pain and discomfort that came calling, reminding me of how conditioned my experience of the physical has been, and continues to be, by separation from the primordial sensations that are the naked, unconditioned, uninhibited experience of presence in the physical, right here and now.
The body is always a reminder, even as we awaken, of the first noble truth; there is suffering. This never goes away while we are in physical form. We may become extremely talented at avoiding illness, injury and discomfort, but suffering is always a moment away; hidden in accidents, common colds, overexertion, and uncomfortable feelings.
Suffering is often perceived of as pessimistic by those first approaching Buddhism and many authors and teachers have been quick to point out that a better translation of both the Tibetan and Pali might be ‘discomfort’, or better still, ‘dissatisfaction’. I, for a while at least, wholeheartedly agreed, caught up in a long state of denial. Suffering was actually the wrong translation I thought, discomfort made more sense in our modern society with its modern health care, modern diets, modern comforts and modern myth of an end to all unpleasantness and inequality. I was convinced and sold on the idea, but a problem occurs when you start to open your eyes, really open them, you see that life is indeed saturated in suffering and discomfort and satisfaction are really just its more subtle faces.
 A second issue is that we often relate the term suffering to something overly dramatic like broken legs, cancer, or the loss of an eye, and for most of us this obviously does not capture our day-to-day experience. Suffering is also small, minor and subtle. It hides in the stiff back we experience getting out of bed, the mild migraine at the end of work, the heaviness in our bodies when we’re tired and hungry, or the fatigue in our legs from walking round town. Suffering is clear and present in the body and it takes no sides. We are all privy to its influence.  
The first noble truth of suffering becomes an issue because we try to ignore suffering. As with emotions, when we stuff down our anger and depression, we stuff down our ability to be happy, to connect, and experience joy and release. The same occurs with the body. We switch off to our day-to-day suffering and in doing so we switch off from feeling. This disconnects us from our body and our surroundings and often an obsession with happiness develops in order to fill the hole that is left.
Because we are taught by modern society that satisfaction and happiness are our birthright and that life should cushion us from the unpleasantness in the world, we push away any signs that this model might be a false promise. We deaden the pain of a headache with an aspirin or Ibuprofen. We wear exceptional clothing to separate ourselves from the cold, the wind and rain. We isolate ourselves from the heat with air-conditioning. This, all combined, has us convinced that we should feel comfortable in our bodies all the time, and never hurt. This comfort fix drives a search for predictable or coveted feelings which are often invoked through emotional manipulation (remember each direction feeds another on the wheel) through reality TV, drug addiction, chocolate addiction, excess coffee consumption, intense physical activity, in truth, obsessive behaviour of any kind.
Feeling is key. What’s interesting here then is to ponder how we tend to base much of our lives on chasing, or holding onto, a specific and limited range of feelings. I figured this out early on, that feelings govern attraction and repulsion, and those two govern pretty much all of our decision making. We create a limited range field of feelings and then move around that field playing out our attraction and repulsion as a push and pull dynamic. It’s rare that we question the game unless a crisis or challenge that cannot be ignored comes along, or we are forced to change.
There is then a deep and powerful relationship between our field of feelings and our desire to separate from discomfort, which is highly subjective and personalised: one man’s pleasure is another’s pain. This coupled with our blindness to the level of actual suffering both within and without and our suspicion of unknown feelings, leads to a voluntary blindness to the raw and chaotic nature of the world. We seek order and predictability.
To work with sensations means to slowly start to acquaint ourselves with what is actually taking place in our body. We work with the basic sensations that make up the feeling of being embodied. We allow whatever sensation that is present to be experienced as it is. The patterns of desiring certain predictable sensations emerge again and again, and again and again, and we let them go. The revulsion and subsequent attempt to push away unpleasant sensations does exactly the same and we let it go too, whilst resisting the intense impulse to jump up and run. Our job is always and primarily to work with allowing sensations, whether pleasant, or unpleasant, to emerge and be without identifying with them. This is known as mindfulness of the body.
What’s interesting is how this confronts us with the innate dynamic of escape. It plays on the deep duality of freedom and entrapment. We desire to be free, yet we are extremely scared of the unknown and the real possibility of freedom. We fear entrapment, but we want life to be predictable and for feelings to confirm what we know to be normal. This dualistic trap keeps us confused and blind to alternatives. It works at both an individual and collective level, so most often our established sense field is supported by the society we live in, or rather the rules on what we should, or should not feel are most often dictated to us by the society we emerged into and later choose.
We often confuse feelings with emotions, but they are not exactly the same. When we get angry, we say I feel angry. The emotion is anger, but how does it express itself in the body and in our immediate relationship with the environment? Anger always explodes, or implodes, so in the former it might look like this: I have tension in my hands; my breathing has become shallow and is up in the chest, almost panting, my shoulders are arching and I can feel a burning tension in my belly. My jaw is tightening and I’m grinding my teeth. Observing and breathing with the sensations deeply opens a door to understanding and to freedom from knee-jerk reaction. It releases trapped energy.
Sadness is addictive for many people, for others it is to be avoided. It leads to feeling a heaviness at the heart centre, a rising weight at the throat, a heavy brow, a sinking of the shoulders. It often takes us too close to old wounds for comfort, removing us from the adolescent pursuit of fun and the active chasing of temporary pleasures. Sadness though is part of our rich human experience. We can allow ourselves to experience it as it is and not infuse it with a story, when we do so it often allows us to deepen our connection to others and to the grace of the human condition.
Uniting attention, awareness and presence with sensations leads to us being saturated with feeling. If we are able to stay present within this process, we de-mask for a while. We touch ground, and our heart centre, and become more naked to ourselves, fragile for a moment, tender and real. If we continue to stay out of reaction and identification, we gain as the pattern reveals a deeper truth of how we have been living. This is a magical moment in a way, and this embracing of our humanity can lead to a sense of the great mystery of being.
Each person has to be sensitive to their own limitations but the path here would be to stop running away from feelings. When we sit we allow them to emerge and we stay with them for as long as they remain. In purely meditational terms, when on the cushion, we simply observe them and let whatever accompanies them rise and fall with the breath. This is the essential practice. As we develop competence in moving out of identification with feelings, we recognise how so many are sought out in order to confirm our concept of self, our identity.
As we deepen practice it loosens our identification with a fixed sense of self and shows us how much of what we feel is not our own, but is shared, it’s collective, it reveals how interdependence is. It is actually very challenging and requires courage and dedication. It is not for the timid. In fact, it runs contrary to more shallow forms of spirituality that guarantee happiness and attempt to convince you that you are in control of your world.
It is not denying or disassociating from feelings as to feel is to be alive. Feelings connect us to our basic humanity and our ability to develop and express more enlightened expressions such as compassion and empathy, and universal love. To control emotions and feeling is the realm of the psychopath. It is the way of dehumanisation. The further we move away from intimacy with feeling, the further we move away from our basic humanity and our ability to connect to others.  
On a shamanic level, our feelings are seen as an invitation to power. Feelings, once cleaned of their self-affirming role, begin to act as messengers that show us the way forward, or teach us. Feelings become a key to impersonal, personal-power. They act also as a warning system. What they do not become though is conduits for emotional reaction. 



In shamanism death sits with the body in the place of the west. But not only; magic, mystery, power and strength, also reside there and this bundle of qualities combine, one informing the other, whispering secrets that must be felt and lived to be known. The mineral world is one of the great teachers of the west. The rocks, stones, and minerals teach us about the ability to hold presence with great stillness. To be simply as we are with little adornment. They teach us of stability, which is gained through presence in the physical.
Working successfully with sensations leads to greater presence both in our body and in the material world that surrounds us. We can begin to perceive, as we further travel on this way, how our thoughts have a nasty habit of taking us away from direct experience. They work to filter it through a myriad of beliefs and views, which act to distract us from the simplicity of the present. Anchoring ourselves in our body counteracts the impulsive abstraction of the thinking mind. The ability to feel deeply our body and the physical, material world shifts our energy away from sustaining these cycles of thought to anchoring us in the moment. A funny thing happens when we do this. It’s like stepping off of a film set, or ending a very long drunken spell. You look around you and realise you’re kind of awake: nothing too grand or special, simply present, as you are.
As we lose this simplicity we again get caught up in our need to affirm ourselves as real and separate. Life’s demands entice us back to our usual way of being. We sit again though and continue the process and with commitment and time, we get better at allowing ourselves to step out into the world more frequently. One of the common traps that occurs within this process is to become attached to the fleeting moments of presence. This is like grasping at the wind, futile. Because presence does not actually equal stopping, but flowing, to maintain presence is to live within the process of being. Another trap is the desire for simplicity to infuse every aspect of our lives. It often starts with a sentence along the lines of, ‘If only I could stop all this messiness and complication…’ This becomes an escape mechanism. Although presence is rooted in simplicity, it does not equate to the world becoming simpler. The world continues to be the complex, dualistic, challenging place that it is.
Sooner or later this process brings us face to face with death. To sustain an ability to remain in the here and now means to allow ourselves to die and be reborn in each instant. It is another reflection of the deep duality that marks life. The more we wake up and live each moment, the more we must allow ourselves voluntarily to die and be reborn. Life brings death, and death brings life. Since there is no permanent fixed self, then obviously we must be a process.
Deep relaxation helps us establish this new pattern of relating with feeling, although it often puts us in touch with old pain and even new pain. The good news is that it also enables us to access a deeper and richer level of pleasure, of connection and feeling. There are no guarantees for what will occur. This is part of the unintended consequences of releasing the layers of conditioning, and moving closer to the mystery of being.
Opening to this process eventually leads us to experience the body as the great vehicle that it is and as a sacred act of grace that is both intensely beautiful and incredibly fragile. The practice of appreciating our ‘precious human existence’ in Buddhism is not wrong. This life you and I are living, right now, is so deeply graceful, it’s hard to express in words. Such a depth of feeling can only really be experienced directly, embraced, accepted, and then let go to be reborn in another moment.
When we learn to feel deeply we are usually humbled by the immensity of life and the simplicity of being. When we can carry such humility within as an aspect of our natural being, we start to live life more simply and slow down, we see more clearly what is happening around us and in the world, and we respond as best as we are able.
This leads to the final point, that of ethics and morality. Ethics here means not reacting to feeling, but letting it communicate. Our instincts, our intuition, help us to respond to circumstances in the best way possible when we are out of reaction, and grounded in our body. It is not a rational, or logical expression, but a felt response to life’s calling. Morality becomes a deep commitment to not turning away from experience, both within and without. Our personal-power is directly dependent on our physical presence and it is that which allows us to act more or less effectively.
Maintaining this way is of being is not so easy. It comes at first in brief flashes of courage and it tends to challenge us greatly when we’re off the cushion. It becomes an ever louder presence with time, reminding us to act responsibly, to do what is needed, to behave impeccably, and to let go of our incessant self-preservation instinct and relate to experience directly. Manifesting this right action can take many of us a lifetime to master, especially as we plumb the depths of our resistance to being and new patterns arise to keep us spinning in circles on the wheel of life. When that happens, you sit, breathe and relax. Take your posture and follow the breath and invite experience to take you deeper. 

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Sunday 6 November 2011

Buddismo, ti presento lo sciamanesimo (Pt.1) (ENGLISH version follows this post)




Ciao cari lettori,
ho iniziato scrivendo questo pezzo in inglese, e devo dire che è stato una sfida scriverlo di nuovo in italiano; Il linguaggio è più complesso del solito. Vi chiedo scusa se certi frase non sono chiare. Vi prego di scrivere qualche commento se vi trovate confusi e persi. In realtà è stata un lavoro stimolante e spero che vi da qualche spunto interessante su il quale riflettere.
Matt

"... Oserei dire che l'essenza che unisce tutte le tradizioni buddiste è l'idea di libertà. In particolare, la libertà dalle cause della sofferenza: l'avidità, l'odio e l'illusione. Mentre questo è di solito definito come una libertà interiore o spirituale, costituisce anche la base di una libertà esterno o culturale.
...Sempre più spesso, vedo il buddismo come cultura: un complesso sistema interrelato di valori e pratiche che permei ogni aspetto della vita umana. Per esempio, i primi Theravada descrivono il mondo come una valle di dolore, che è il mondo visto dalla prospettiva di angoscia, mentre i seguaci della Vajrayana descrivono il mondo come radiosa e bella, che è come si vede dalla prospettiva di libertà. Tutti questi punti di vista, diversi fra loro, danno origine a quella che potremmo chiamare una cultura.
...Dal momento che ciascuna delle scuole buddhiste asiatiche tendono a vedere una prospettiva del Dharma come vero, o più vero degli altri, abbiamo un sacco di litigi su quello che è il più alto insegnamento, il più puro insegnamento, e così via. Non credo che succederà così tanto in Occidente, perché stiamo incontrando tutte le tradizioni in una volta: Theravada, Tibetano, Zen, Terra Pura, Nichiren. La prospettiva di una di queste tradizioni è, a mio avviso, sempre parziale, perché è guardando il mondo da un solo punto di vista. La sfida in Occidente, mi sembra, è quello di trovare un modo di incorporare tutte le prospettive. Fare questo significa lavorare per una definizione di cultura buddista, che rispetta, anche celebra, le differenze, pur fornendo una visione coerente. "

Steven Batchelor, 'Una cultura del Risveglio,' da Inquiring Mind.

Gli estratti sopra provengono da un'intervista con Stephen Batchelor; un insegnante famoso e importante di ingilterra. L'intero pezzo è tipico della intelligenza, scetticismo e della mente aperta di Batchelor che ha un approccio al buddismo al di fuori di prospettive tradizionali. Batchelor è una di quelle figure che spesso ispirano reazioni estreme. Il suo libro più famoso, 'Il Buddismo Senza Fede,' è stato un grande successo, ma sembrava essere più spesso definito 'il libro che ha negato la reincarnazione'. Non mi piaceva il libro tanto, e non ho problemi a confessare che credo nella reincarnazione, infatti lo trovo un concetto perfettamente logico. Pero, ormai, ho imparato di apprezzare molto l'approccio critico e indagatore di Batchelor. Mi spingerei a dire che lui è uno dei campioni di oggi nel campo di buddismo per quanto riguarda l'analisi pragmatiche e contemporani. Se sei d'accordo con lui, o no, non ha importanza. Sta facendo tutti i Buddisti un grande servizio nel affrontare le credenze sacre sul Buddismo con l'empirismo occidentale e il pensiero critico. Egli bussa alla porta di misticismo e dice, “Spalancarti in modo che possiamo vedere cosa sta realmente lì e se ha dei meriti.”
Allora, perché ho scelto l'estratto qui sopra per avviare questo pezzo? Beh, io non sono solo un buddista. Sono stato attivamente e profondamente impegnato con il mondo dello sciamanesimo per quasi 15 anni, non come una fantasia dei nativi americani, o un sogno di vivere in una tepee nel deserto da qualche parte, ma come apprendista in un percorso potente, stimolante, a volte controverso, straordinariamente pragmatico, alchemico e sciamanico, che ha stimolato e creato profondi cambiamenti duraturi e reali per ogni aspetto della mia vita.
Il rapporto tra i due percorsi è stato affascinante per non dire altro. Ci è stato spesso conflitto o attrito ad emergere tra di loro, ma sono arrivato a capire negli anni che questo conflitto e attrito è stato davvero dentro di me e si base molto sulla tendenza di aggrappare alla prospettive filosofiche e convinzioni rigide. Come ho maturato nella mia percorso, ho iniziato a sperimentare come uno alimenta l'altro. Questo non vuol dire tuttavia che sono in qualche modo la stessa cosa: sono evidentamente diversa.

'Vedo il buddismo come una cultura: un complesso sistema interrelato di valori e pratiche che permei ogni aspetto della vita umana ... Tutti questi punti di vista, diversi fra loro, danno origine a quella che potremmo meglio chiamare una cultura ... La prospettiva di una di queste tradizioni è , a mio avviso, sempre parziale, perché è guardando il mondo da un punto di vista. '

Le tre righe sopra mi ricordano di come la conoscenza viene espressa da una visione del mondo sciamanico. Questo mi ha fatto pensare; come sarebbe se i principi e le pratiche chiave buddisti fossero collocati su una ruota di medicina, che mostrerebbe le applicazioni pragmatica delle diverse idee chiave nel buddismo, e la relazione tra di loro.
Ho scelto la ruota della 'Coreografia Bilanciato' (CB) dell'essere umano. Tra molti ruote fondamentale ho scelto questo perche indica il posizionamento, in relazione agli elementi, dei cinque aspetti di un essere umano. Questa scelta è stata in parte ispirato dal mio forte impegno personale ad una spiritualità che è profondamente umano. In secondo luogo, la ruota della coreografia bilanciato parla di ciò che tutti noi possediamo innato, e quindi i cinque componenti che sono presenti in qualsiasi lavoro di sviluppo del essere; il corpo, la mente, le emozioni, la forza dello spirito, la sessualità/o la nostra forza di vita e vitalità.

Ruota degli Applicazioni Buddista

Sud: aspetto emozionale
Non essere in reazione emotivamente
Affrontare e lavorare con la gamma di emozioni
Affrontare le emozioni scomode
Lo sviluppo di intimità con la presenza
Liberare l'energia emozionale
La moralità e l'etica

Ovest: aspetto fisico
Lavorare con i sensazioni nel fisico
Sviluppare la presenza nel fisico e materiale
Rilassamento profondo nel corpo
Presenza che unisce con l'azione attenta
Azione compassionevole
La moralità e l'etica

Nord: aspetto mentale
Lavorare con attenzione
Sviluppare la concentrazione
Disciplinare il dialogo interiore
Applicare l'intelletto e il pensiero critico
Lavorare con le credenze e dubbi
Sviluppare saggezza 
Espandere la curiosità 
La moralità e l'etica

Est: aspetto spirituale
Lavorare con spaziosità
Sviluppare la compassione 
Aprire il cuore alla sofferenza universale, e la libertà
Toccare profondamente la vita e viene toccato profondamente dalla vita
Essere di servizio
Risveglio
Boddhichità

Centro: aspetto sessuale, forza vitale
Lavorare con gli impulsi primordiali;
Attrazione / repulsione
Magnetismo
Potenza / debolezza
Forma / senza forma
Libertà / intrappolare
Dare vita / distruzione della vita
La moralità e l'etica

La ruota sopra mostra i principi fondamentali pragmatiche della pratica buddista situato sulla ruota CB. Questa ruota dovrebbe idealmente essere presentati su una ruota reale, ma purtroppo non riuscivo a tagliare e incollare come avevo sperato, quindi per ora un elenco deve bastare. Immaginate, se volete, che si siedono su un cerchio nella loro direzione.
Che cosa è una ruota della medicina? Le ruote di medicina sono strumenti per presentare l'interrelazione tra una qualcosa, con tutto il resto del mondo. Si tratta di un antica sistema per la presentazione di conoscenza, che va contro il pensiero lineare. Ciascuna delle direzioni affronta una direzione opposta, che agisce come il più grande maestro di quella direzione. Allo stesso tempo, ogni direzione è alimentato da, e alimenta le altre direzioni. Una ruota può essere percorsa in senso orario, o antiorario. Ogni volta che si attraversa da una direzione all'altra si passa attraverso il centro della ruota e sono influenzati dall'aspetto centro.
Le ruote possono essere intesi come mappe, ma come ogni mappa ci sono modi diversi per mappare, e diverse forme di mappatura. E' quindi meglio considerare le ruote all'interno di un sistema specifico dove si riferiscono l'uno all'altro. E' un po' come imparare una lingua, vale a dire è necessario studiare la grammatica, le regole e il vocabolario della lingua stessa, altrimenti è facile confondersi!
Varie culture sciamaniche hanno assegnato le direzioni cardinali e non cardinali con particolari qualità, o poteri. E' difficile sostenere da un punto di vista razionale che le ruote in tale, mappano un fisso, realtà permanente. E' piuttosto che gli sciamani di una volta avevano un rapporto intimo e profondo con il mondo naturale cosi che hanno potuto avere un visto chiaro sui modelli di come la natura si è espressa. Diverse culture sciamaniche prodotte diverse mappe di ruote, ma la loro attribuzione di poteri a direzioni si è basata sull'osservazione di interrelazione tra forme di vita in modo che il posizionamento del rapporto tra le forme detto ha dato una struttura al mondo e il nostro posto in esso. Lavorare con una collettiva di mappe da una specifica tradizione conduce alla conoscenza funzionali che possiamo utilizzare per capire il nostro posto nel quadro più grande.
Ogni ruota interagisce con le altre ruote. Questo significa che ogni ruota insegna o approfondisce la comprensione di qualsiasi altra ruota. Questo è veramente ciò che li rende così fantastici.
Anche se la ruota sopra è una mia invenzione, ho seguito i principi fondamentali della mappatura del sistema che sto utilizzando. La mappa viene da un sentiero sciamanico/alchemico contemporaneo che è anche metis. In questo percorso, la mappa di base mostra dove gli elementi si siedono sulla ruota rispetto le direzione cardinale. Tutto comincia con gli elementi;

Sud: acqua
Ovest: Terra
Nord: Aria 
Est: Fuoco 
Centro: Vuoto 

Utilizzando la direzione cardinale cominciamo l'esplorazione di come una ruota ci insegna. A partire dal sud troviamo l'elemento di acqua. L'acqua si riferisce quindi alle emozioni. Acqua si muove, si trasforma, si scalda, si raffredda, si blocca, si trasforma in vapore, garantisce la nostra sopravvivenza, e costituisce la maggior parte della nostra massa fisica.
Wow. Applicare tutti cioè agli'emozioni! Ci dà una bella riflessione delle diverse forme che prendono le emozioni, e quanto siano essenziale per la nostra esistenza: questa è un'idea insolita, che le emozione sono essenziali per la nostra sopravvivenza, o meglio il senso della nostra esistenza.

Se il mondo esterno rispecchia il nostro mondo interiore, come l'acqua si comporta e prende forma nel mondo esteriore, è un riflesso della nostra interiore-emotivo. Possiamo, da una visione sciamanica, percepire il mondo naturale come un grande maestro, forse il più grande maestro che c'è, e così, osservando i fiumi e il mare riusciamo a prendere istruzioni dirette su come lavorare con l'energia emozionale.
L'acqua è naturalmente fluido, così la fluidità diventa la prima chiave per capire come metterci in relazione con le emozioni. Le emozioni devono essere fluido. Devono muoversi. Movimento in acqua significa salute. Corpi d'acqua insalubre sono stagnanti, non vengono nutriti e non si nutrono. Anche le forme di acqua violente contengono vita e danno vita, anche quando sono distruttivi. Un fiume sano ha forme e intensità diverse, si nutre in tonfani, baie, e fornisce il sostentamento per i pesci, alberi e piante. L'acqua non si ripete. Nel mondo naturale è in costante movimento.

Noi tendiamo ad apprendere specifiche espressioni emotive che giochiamo tutto il tempo. Sono reazioni imparato a circostanze che ci sfidano o affermano il nostro senso del sé. La nostra felicità tende ad avere un sapore simile, come la nostra tristezza, indipendentemente dalle circostanze. Taluni comportamenti da certi tipi di persone, tendono a stimolare gli stessi reazioni. Questi tipi di reazioni emotive sono false, al minimo non sono rigenerante. Emozioni in queste circostanze sono apprese e fisse reazioni agli stimoli previsto.
L'acqua più pura è il più rinfrescante, e lo stesso vale per le emozioni. Spontanea e originale espressione emozionale sono rinfrescante, rivitalizzante. Si portano la vita.
Per quanto riguarda il buddismo; sano, fluido, movimento emozionale è più facilmente applicabile al percorso tantrico, dove si lavora direttamente con l'energia emotiva, sfruttandola per potenziare il risveglio. Come idea è contrario ai modelli di moderazione emotiva e di controllo della tradizione Theravada.
In realtà entrambi i modi di lavorare con le emozioni sono importanti. Potrebbe essere visto che l'approccio Theravada è un primo passo per lavorare con il nostro aspetto emotivo. Dobbiamo imparare a raggiungere l'equilibrio nel nostro modo di provare emozioni, e all'inizio della pratica, le nostre reazioni emotive. Sul cuscino questo significa l'adozione della posizione del testimone-osservatore quando l'energia emotiva si presenta.
Mentre facciamo progressi nel purificare la nostra reazione emotiva, troviamo che sotto le forme emozionale apprese c'è un serbatoio di energia emozionale pura che può essere inteso come potere. Questa espressione emotiva pura diventa un canale per il risvegliato, espressione compassionevole che è spontaneo e improvvisato. In questa forma è naturale, sano, e porta la vita. È anche imprevedibile. Questo è il motivo per cui dobbiamo pulire noi stessi emotivamente per prima.
Se continuiamo a portare bagaglio emotivo, diventerà un ostacolo al nostro sviluppo sul cuscino e sovvertirà i guadagni che otteniamo nella consapevolezza e presenza.
Le ferite e dolore emotive, e la repressione, non scomparano con lo sviluppo di consapevolezza. Si manifestano semplicemente in una forma diversa. Nel affrontare e purificare il nostro passato e affrontando la profondità di emozioni scomode, impariamo a vivere l'intera gamma di espressioni emotive senza essere coinvolto nel loro significato simbolico. Non solo, diventiamo capace di non essere sopraffatti dalle espressioni esterne in altri di qualunque emozione, anche quelle estremi. E' tutto solo energia in movimento, e una parte della ricca esposizione di arazzi di espressione umana.

Sud: l'aspetto emozionale
Non essere in reazione emotivamente
Affrontare e lavorare con la gamma di emozioni
Affrontare le emozioni scomode
Lo sviluppo di intimità con la presenza
Liberare l'energia emozionale
La moralità e l'etica

La prima pratica quindi è la capacità di uscire di modelli di reazione. Attenzione pero, non si tratta di repressione. L'acqua deve scorrere. Si tratta invece di permettere un movimento emotivo senza aggrapparsi al processo. Non cercare di contenere ciò che si sente, o evitarlo indurendo la attenzione sull'oggetto della meditazione. Si lascia stare e rimani con l'oggetto di meditazione. Ciò richiede disciplina e coerenza.
Questo processo poi si allarga e cominciamo a sperimentare il modo in cui reagiamo emotivamente in una varietà di situazioni; fase due vuol dire consentire l'intera gamma di emozioni di essere come sono e stare con le sensazione che arrivano e poi passano. Questo ci porta inevitabilmente a accedere delle emozioni scomode e dolorose; sono spesso emozioni che abbiamo cercato di evitare a tutti i costi per la maggior parte della vita. Ripeto: l'acqua deve scorrere, quindi diamo permesso ai questi emozioni di emergere e regredire come onde sulla spiaggia. La riva è la nostra attenzione.

La fase successiva segna una fase di maturazione nella pratica spirituale. L'intimità comincia a svilupparsi con i sentimenti e il nostro campo emotivo approfondisce e arricchisce, e porta la liberazione di energia emotiva come una forza rigenerante, e l'espressione della verità di ciò che è. L'energia emozionale si muove attraverso il corpo come sentimenti e sensazioni raffinati. Dall'esperienza coerente di tale ricchezza emotiva e del suo rinnovamento, una morale personale e spontaneo emerge. Non si basa su risposte condizionate a una serie di circostanze e comportamenti, ma piuttosto una profonda, sentita senso di ciò che è giusto o sbagliato, che emerge spontaneamente in relazione alle circostanze che stiamo vivendo.
La vita ci tocca molto più profondamente, ma noi ce la faccio ora. La sofferenza e l'ingiustizia è tangibile, eppure non ci sbricioliamo sotto il suo peso. I nostri lati emotivo sono più integrati, ci sentiamo molto di più, ma siamo molto meno colpite da cioè che sentiamo. Sentiamo pienamente, ma non ci identifichiamo più con quello che sentiamo.

Nessuno di ciò che ho scritto qui è nuovo, e so che altri l'hanno espresso più eloquente. La differenza nel mio caso è che quello che so è stato raggiunto in gran parte dal percorso sciamanico, poi raffinato attraverso la meditazione buddista, quindi ecco in parte perché scrivo di questa tema su un blog di buddismo.
La meditazione seguita in modo coerente, ci porterà ai passaggi sopra. L'applicazione di una prospettiva sciamanica può contribuire a dare un senso di direzione e le tappe che attraverso ci muoviamo. L'approccio sciamanico sarebbe quello di lavorare direttamente con gli elementi interni ed esterni. Lavorare con i ruscelli e cascate, onde e creste, la pioggia e le tempeste, possiamo usare l'intento di invitare queste forme di acqua nel nostro corpo.
Possiamo raggiungere, attraverso il sentire, e sciogliere la barriera di separazione, tra il nostro corpo e gli elementi. La natura è un grande modello di come essere in noi stessi. In PNL grande enfasi viene posta sulla modellazione; l'attenta osservazione, l'analisi, e poi mimando l'eccellenza nelle altre persone. Possiamo fare esattamente lo stesso con la Madre terra. La sua espressione perfetta degli elementi è un invito ad imparare, ad aprirci, di sciogliere, di ricevere, e percepire. Se si apre al suo linguaggio, che vi insegnerà, e per i buddisti scettici, questo non è un invito ad essere qualcosa che non sei, piuttosto voglio solo sottolineare che c'è un linguaggio nascosto nella espressione della natura che può essere ascoltato ed accolto, se date la vostra attenzione completamente, e sufficientemente profondamente.